Il Libano sta attraversando la notte più buia della sua storia recente, per la grave crisi economica e finanziaria che ha svalutato dell’80% il valore della moneta locale, per l’impasse politico, per la presenza di 1,5 milioni di rifugiati siriani (su una popolazione residente di circa quattro milioni di abitanti), per la pandemia di Covid-19 e per le conseguenze della terribile esplosione al porto di Beirut del 4 agosto scorso cha ha coinvolto 26mila famiglie.
Dall’ottobre 2019 attivisti, ma anche semplici cittadini e intere famiglie, sono scesi in piazza contro una crisi che rende la classe media sempre più povera, e le classi già povere incapaci di soddisfare i bisogni primari.
A descrivere questa drammatica situazione è il quarto report presentato in un webinar il 18 novembre scorso da Operazione Colomba, corpo nonviolento della Comunità Papa Giovanni XXIII, in Libano da anni a fianco dei rifugiati siriani che vivono nel campo profughi di Tel Abbas.
Certi che le sorti dei libanesi e dei siriani sono legati a doppio filo e testimoni della disperazione che arriva dall’altra parte del Mar Mediterraneo, i volontari di Operazione Colomba cercano di farsi voce di una proposta di pace scritta per mano dei siriani che sono scappati dal loro Paese “per non essere uccisi e per non essere costretti ad uccidere”.
Si tratta di un documento che sta facendo il giro dell’Europa, nei diversi governi e nelle istituzioni dell’Unione.
Chi ha redatto il testo degli accordi di pace chiede la vera fine della guerra, la ricostruzione di una Siria giusta e senza violenza, la possibilità di tornare a casa propria.
Per approfondire: www.operazionecolomba.it/noisiriani/