«Varato all’indomani del naufragio del 26 febbraio scorso come risposta del Governo alle stragi nel
Mediterraneo, il “decreto Cutro” in realtà non affronta in alcun modo le vere cause che in questi anni hanno portato alla morte in mare di migliaia di persone».
Al contrario, esso prevede condizioni «peggiorative della condizione giuridica degli stranieri che arrivano in Italia, con il sicuro effetto di aumentare situazioni di irregolarità ed esclusione anche di chi è già da tempo sul territorio nazionale».
In particolare, scrivono in comunicato dal titolo “Invertiamo la rotta”, una cinquantina di sigle della società civile italiana, tra le quali il Centro Astalli, Fondazione Migrantes e Gruppo Abele,
«contestiamo i provvedimenti che mirano a smantellare la protezione speciale a tutela della vita privata e familiare dello straniero, che aveva in parte attutito i disastrosi effetti dell’abolizione della protezione umanitaria, a potenziare la rete dei Centri per il Rimpatrio, a ostacolare il diritto al ricorso dei richiedenti asilo che ottengono un diniego».
In particolare si chiede il mondo dell’associazionismo di stampo cattolico e non:
«Com’è possibile sostenere che queste misure preverranno il traffico di esseri umani?».
Si tratta invece, con tutta evidenza, di «interventi che renderanno sempre più difficile il soggiorno regolare e una positiva integrazione in Italia e che contribuiranno alla criminalizzazione delle persone migranti, a detrimento non solo loro, ma dell’intera collettività».
Inoltre, scrivono, «rifiutiamo la contrapposizione tra migranti regolari e irregolari che emerge dalla scelta di inserire in questo testo provvedimenti inerenti al Decreto Flussi, senza rafforzare il sistema di asilo: se da tempo chiediamo a gran voce l’allargamento dei canali legali di ingresso, sappiamo bene che non possono essere queste misure a rispondere al bisogno di protezione internazionale.
«E chi in questi venti anni ha provato ad assumere in regola dei lavoratori stranieri sa che le misure previste sono del tutto insufficienti, perché l’unica possibilità per favorire incontro tra domanda e offerta di lavoro regolare sta nel scardinare del tutto il meccanismo previsto dalla Bossi Fini».