Si allunga la lista dei prigionieri politici a Cuba.
Il totale ha raggiunto a marzo scorso i 1.066 prigionieri politici e di coscienza: persone che subiscono condanne giudiziarie o disposizioni fortemente limitanti della loro libertà e in flagrante violazione del diritto internazionale.
Solo negli ultimi 12 mesi sono stati confermati e aggiunti alla lista 250 nuovi prigionieri politici.
E’ quanto emerge dal Rapporto mensile di Prisoner defenders, associazione non politica e non governativa, nata in Spagna.
«A marzo di quest’anno – vi si legge – sono entrati nella nostra lista 8 nuovi prigionieri politici, tra cui vari tipi di attivisti, ma anche civili che hanno cercato di lasciare il Paese e sono stati accusati penalmente e messi in detenzione provvisoria».
Sono senza tutela giudiziaria perché «Cuba viola l’articolo 13 della Dichiarazione universale dei diritti umani e proibisce l’uscita dal Paese sotto pena di reclusione, il che rende il territorio cubano simile a una prigione».
Centinaia di persone nel Paese languono in carcere per il reato di “uscita illegale“.
«È inaudito che Cuba vieti l’esercizio di un diritto fondamentale come quello di lasciare il proprio Paese quando non si ha né un caso penale pendente né un servizio militare in corso», scrive Prisoner defenders.
Ma ancora più penosa è la presenza di tanti minorenni:
ci sono ancora 29 ragazzi e 4 ragazze nella lista, in totale 33 minori, che stanno scontando una pena o sono sottoposti a procedimento penale.
«Molti minorenni si trovano in carceri apparentemente per minori, ma di natura interamente penitenziaria, chiamate eufemisticamente “Scuole di formazione integrale“».
Con l’incarcerazione di quattro donne a marzo, sono ora almeno 120 le donne ancora detenute in base a condanne e sentenze politiche e di coscienza.
«Tutte le donne transessuali in carcere per motivi di coscienza sono state e sono incarcerate tra gli uomini, cosa che avviene anche per le donne trans comuni prigioniere, che subiscono situazioni, tra gli uomini, indescrivibili per la loro condizione sessuale».
Le donne incarcerate che denunciano le torture subite «sono minacciate di vedersi sottrarre i diritti genitoriali dei figli, grazie alle enormi facilitazioni repressive offerte dal nuovo Codice di Famiglia a questo scopo».
Il caso più recente è quello di Lizandra Góngora Espinosa, «che ha 5 figli e viene minacciata di perdere i diritti genitoriali di tutti i suoi figli, se non smetterà di denunciare le torture in carcere».