La distruzione saudita in Yemen non si placa. Proprio ieri, come riportano diverse agenzie di stampa e la BBC, 30 persone sono rimaste uccise nel corso di un attacco aereo sopra la capitale Sanaa.
Si trattava di un campo militare di ribelli all’interno del quale sorge un centro di detenzione: le vittime erano prigionieri della struttura.
La coalizione militare guidata dai Saud sostiene il governo yemenita che è in guerra contro il movimento ribelle interno, Houthi.
Ma a rimetterci, dopo tre anni di conflitti devastanti, è soprattutto la popolazione civile del Paese mediorientale, che sta subendo le ripercussioni crudeli dell’embargo. Non ci sono più né cibo nè medicinali in Yemen.
Ma perché l’Arabia Saudita è così interessata allo Yemen?
La monarchia saudita continua a fronteggiare il suo vero nemico – l’Iran -combattendo sul suolo di un altro Paese che al suo interno fronteggia la minaccia dei ribelli alleati di Teheran.
E’ il gioco geopolitico delle “guerre per procura”.
Per la famiglia regnante dei Saud, infatti, alzare i toni nello già stremato Yemen e da ultimo nel Libano alleato di Teheran, rappresenta un’ottima “strategia” alternativa per combattere indirettamente gli iraniani, non potendolo fare apertamente con un intervento militare che costerebbe troppo in termini economici e di perdite militari.
Eppure questa ‘seconda guerra’ per procura si sta combattendo sulla pelle della gente. E non bastano i dossier e i report delle agenzie umanitarie a fermarla.
La stampa italiana è molto poco attenta al dramma yemenita. Quella internazionale invece denuncia apertamente.
La Pitsburgh Post Gazette titola “Yemen’s misery”: l’embargo saudita sta provocando una crisi umanitaria senza precedenti.
«La carestia galoppante nello Yemen in tre anni di guerra, con la parziale responsabilità degli Usa, necessita disperatamente d’essere affrontata» scrive la Pitsburgh Post Gazette che continua: «Le Nazioni Unite prevedono che ben sette milioni di yemeniti moriranno da qui ai prossimi mesi, se non sarà fatto nulla per loro».
E in effetti il dramma sta tutto in quell’embargo che nessuno ha voglia di rimuovere. L’arma vincente nei Paesi sotto scacco è sempre la stessa: embargo contro i civili, chiusura delle frontiere.
«I sauditi, dando seguito alla campagna anti Sciiti contro gli Houti – sostenuti dagli iraniani – in Yemen, hanno avviato un embargo via mare, terra e cielo che impedisce perfino l’accesso degli aiuti umanitari nel Paese ridotto alla fame. I sauditi dicono che serve ad impedire agli Houti di prendere le armi ma è difficile da credere» scrive La Gazette.
Di Paese “al collasso”, allo stremo, sull’orlo della morte per il colera, parlano decine e decine di siti e di media: dall’agenzia delle Nazioni Unite Irin News a Muslim Village a Reuters ad Haaretz. Riferendo che almeno l’80% del cibo nello Yemen viene importato perché il Paese non produce più nulla da anni e che imporre un embargo equivale ad un crimine contro l’umanità.
Il Time titola “L’Arabia saudita non consente agli aiuti di entrare.
Questo potrebbe causare una catastrofica carestia”. Ma soprattutto se ne preoccupano le ong: da Medici senza Frontiere a Save the Children ad Amnesty International.
Che denunciano, con testimoni sul campo e dossier dettagliati, la sorte di milioni di persone in balia delle decisioni prese dalla monarchia dei Saud. Il mondo come sempre si limita a guardare.
Da un tweet di MSF riportato dal Middle East Eye all’inizio di novembre scorso si apprende che «negli ultimi giorni la coalizione militare guidata dai sauditi ha bloccato i voli di Medici senza Frontiere verso lo Yemen, minando direttamente la possibilità della onlus di fornire medicinali salva-vita e assistenza umanitaria alla popolazione già in grave bisogno».
Ancora la Pitsburgh Post Gazette: «C’è qualcosa di particolarmente osceno nel vedere le due immagini sovrapposte: principi e militari sauditi vestiti di bianco con i loro foulard rossi che ballano da una parte, mentre dall’altra i tg mostrano bambini pelle e ossa che muoiono di fame. Lo Yemen è il Paese più povero del Medio Oriente».
Di fronte a questa miseria umana e alla morte di milioni di persone è quasi ozioso cercare di capire quali siano davvero le ragioni profonde della rivalità saudito-iraniana che si sta giocando sul suolo yemenita. Qualsiasi motivo “politico” o strategico (non certo religioso) è in realtà una lotta per il potere.
Comprenderla potrà servire agli analisti per fare più ricche le loro tesi, ma non aiuta certo ad affrontare e limitare lo scempio della violazione dei diritti umani.
Ci prova comunque l’Afp, l’Agenzia stampa francese che cerca di tornare indietro ai tempi della rivoluzione iraniana del 1979 e all’avvento della Repubblica Islamica – fieramente antiamericana – considerata una minaccia dalle monarchie saudite conservatrici, alleate degli Stati Uniti.
Adesso Trump non può disimpegnarsi completamente dall’alleanza con l’Arabia Saudita ma prende le distanze da qualsiasi tipo di coinvolgimento bellico.
Dopo lo Yemen, a rischiare grosso è il Libano: l’assurda ritorsione saudita contro l’Iran si allarga anche al Paese dei cedri. Il nemico dell’Arabia Saudita è Hezbollah.
Le cose sono precipitate quando Arabia Saudita, Kwait ed Emirati Arabi hanno richiamato in patria i propri concittadini dal Libano, e dopo che il primo ministro libanese Hariri, ostaggio di Ryad, si è dimesso dall’incarico.
A quel punto gli analisti hanno cominciato a parlare di un vero e proprio allarme rosso. Si teme per l’incolumità del Paese e dei suoi confini.
«I cittadini libanesi sono preoccupati del fatto che questa evacuazione dei cittadini sauditi possa essere seguita da una escalation prima economica e poi militare», scrive Al Jazeera. La questione è una soltanto: capire se e quanto l’Arabia Saudita intenda davvero confrontarsi militarmente con Hezbollah, avviando un conflitto come quello con lo Yemen.
Il Libano appare meglio equipaggiato e forse più sostenuto, per cui la guerra potrebbe essere più impegnativa e pericolosa che mai.
Inoltre, e questa è una nota dolente non solo per il Medio Oriente ma per tutta l’Europa, il Libano non è un Paese qualsiasi dal punto di vista dell’accoglienza dei profughi.
E’ sempre Al Jazeera a far notare che una tale misura drastica (un attacco militare da parte di una eventuale coalizione pro-saudita) avrebbe effetti devastanti in un Paese che ospita milioni di rifugiati siriani e palestinesi.
«Date le catastrofi umanitarie in Siria e Yemen, e l’incessante sconquasso in Iraq, spingersi in Libano provocherebbe un nuovo livello di caos, distruzione e morte in tutta la regione mediorientale».