«Cosa succede al tema della fraternità quando scompare il bisogno dell’altro? Quando vengono meno l’idea di Dio e quella del ‘prossimo’?».
E’ da queste domande che prende le mosse la relazione sociologica di don Armando Matteo, docente alla Pontificia Università Urbaniana di Roma, intervenuto nella sessione serale delle Giornate di Assisi.
«E’ proprio vero che bastiamo a noi stessi? Questo sembra essere il mantra oggi», dice don Matteo. La risposta è chiaramente no, ma per arrivare a definirla è necessario passare attraverso la riscoperta della fraternità.
«Ecco la sfida che si pone oggi all’azione evangelizzatrice della Chiesa: credere di più nella comunità; credere che sul serio, «quando viviamo la mistica di avvicinarci agli altri con
l’intento di cercare il loro bene, allarghiamo la nostra interiorità per ricevere i più bei regali
del Signore» (Evangelii Gaudium, 272).
Lo studioso rilancia due intuizioni che costituiscono una buona base di partenza per contrastare il male di vivere contemporaneo: il concetto di ‘egolatria’ e quello di ‘narcinismo’, ossia la fusione di narcisismo e cinismo.
«Il contesto in cui viviamo – dice – non ha porte aperte per la fraternità. Lo stesso papa Francesco ha parlato del tempo dell’uomo di oggi come del tempo dell’egolatria. Siamo nar-cinici. Dal mio punto di vista la fraternità è centrale nell’Evangelii Gaudium», e difatti questa è la chiave di accesso ad una nuova fraternità genuina.
«Si deve a Luigi Zoja, uno dei massimi psicanalisti contemporanei – ha spiegato Matteo – il saggio ‘La morte del prossimo’. Al centro delle sue pagine si trova la proclamazione di un secondo
grande annuncio che oggi ci tocca ricevere». L’antidoto è la fraternità. che deve annunciata e testimoniata. L’annuncio è una verità che salva l’uomo.
Il compito dei cristiani è «quello di diffondere la gioia del Vangelo che nasce
e rinasce nell’incontro con Gesù: se il principale ostacolo all’accoglienza di questa gioia è
l’individualismo diffuso, la missione dei cristiani deve ripartire dalla fraternità».