«Jair Bolsonaro ha ribadito più volte che la terra destinata agli indigeni è troppa e da loro inutilizzata. Meglio darla a chi la sa utilizzare, ha sempre affermato, leggi i fazendeiros e i grandi capitalisti dell’agrobusiness.
Peccato che questi deforestino, piantando soia o allevando bestiame».
E non c’è solo l’ex presidente Bolsonaro (solo parzialmente uscito di scena), in Brasile, a pensarla in questo modo: affermare che i popoli della foresta non sanno utilizzare la terra, «equivale ad affermare che gli indigeni non hanno nessuna dignità, e con loro i riberinhos, (chi vive lungo i fiumi, ndr) e i piccoli coltivatori».
A dirlo, a Boa Vista, nella Roraima in Brasile, nel corso dell’incontro delle missionarie e dei missionari italiani dal titolo ‘Comunione, partecipazione e missione: diaconia per una ecologia integrale’, è stato ieri il professor Antonio Fernandes Neto, esperto di economia.
Il docente ha delineato un Brasile profondamente cambiato in questi anni:
«eccessiva polarizzazione, scontro su tutto, mancanza di dialogo. Questo ha portato alla spaccatura anche di molte comunità parrocchiali».
«Certamente il mondo indigeno è regredito in questi anni: invasione di terre demarcate, passi indietro riguardo la salute, i servizi minimi.
Le leggi ci sono ma non vengono applicate»: ha spiegato anche padre Corrado Dalmonego, missionario della Consolata, che ha vissuto per oltre 10 anni nella missione Catrimani.
Ieri la giornata si è aperta con una celebrazione organizzata dalla pastorale del Migrante, che qui è molto strutturata ed è sotto l’egida della Caritas.
I numeri parlano da soli: 600 entrate al giorno di migranti venezuelani alla frontiera di Pacaraima, 200 km a nord di Boa Vista, 6000 persone accolte solo nel 2022 nei centri di accoglienza Caritas.
Infine la sociologa De Oliveira ha delineato la realtà ecclesiale: «la Chiesa cattolica ha perso in 30 anni il 40% dei fedeli – ha detto – A provocarlo certamente l’aumentato indifferentismo religioso, ma anche sicuramente il vento del pentecostalismo con la teologia della prosperità, che ha molta presa in tutte le classi sociali, soprattutto i poveri».
Passare da una Chiesa “di passaggio”, dove il prete arriva nella comunità sperduta una o due volte l’anno, e celebra messa, battesimi e comunioni, ad una Chiesa che rimane, nei villaggi, nelle comunità, lungo i fiumi. Per fare questo bisogna però aprire assolutamente di più ai laici. Questa la conclusione.