«Il ritornello che si sente ripetere qui da noi in Guinea Bissau è: ‘siamo in Ucraina’, perchè i prezzi aumentati vertiginosamente a causa della guerra, e quindi, in qualche modo… anche noi siamo in Ucraina».
Ad esprimersi in questi termini è don Lucio Brentegani, fidei donum a Bafatà da 15 anni, che ci racconta come il costo della vita sia triplicato quest’anno e come i già poveri facciano fatica a sopravvivere.
«I prezzi qui da noi sono aumentati moltissimo – spiega – : per fare un esempio, il riso è passato dai 17.500 franchi centrafricani al sacco (di 50 kg), ossia 26 euro, a 22-25.000 franchi, ossia 36/38 euro.
Mentre il carburante da 650 al litro, ora è passato a costare 875 franchi al litro: di conseguenza è aumentato anche tutto il resto».
Ciò significa, spiega, che tutti i prodotti di prima necessità, dagli alimentari ai trasporti, «sono aumentati di molto e i più poveri ne portano il peso più grande.
E’ altrettanto vero che i salari non sono stati affatto incrementati».
La presenza del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale, che in cambio di prestiti chiedono misure per tagliare la spesa pubblica, è un ulteriore elemento di preoccupazione.
«Il governo taglia su salute e scuola, mentre avrebbe potuto tagliare i sussidi milionari dei già ricchi», ma la politica è questa: e due “decreti” governativi hanno lasciato a casa molti impiegati nel settore sanitario e molti professori di scuola.
Per quanto riguarda invece la stabilità politica, dopo l’ennesimo golpe che, lo ricordiamo, ha colpito il Paese un anno fa il primo febbraio del 2022, la strategia è ora quella di accentrare il potere nelle mani del Presidente della Repubblica, Umaro Embalò.
«Il governo – spiega ancora don Lucio – è pienamente nelle mani del Presidente della Repubblica che sta presiedendo ogni settimana il consiglio dei ministri, diminuendo sempre più il valore del primo ministro, del vice-primo ministro e di tutti gli altri».
Il Paese è notoriamente instabile dal punto di vista politico: ha subito quattro colpi di Stato militari dal 1974.
Nel 2014 ha compiuto una svolta verso la democrazia, ma da allora ha goduto di poca stabilità e di molti capovolgimenti.
Oggi si attendono tempi migliori:
«Le elezioni dovevano tenersi nel mese di ottobre del 2022, il presidente le ha fissate a dicembre – spiega ancora don Lucio – ma dopo una discussione tra presidente e governo per rimpallarsi la responsabilità dei ritardi, le elezioni sono state spostate al prossimo giugno 2023. Sarà vero? Vedremo!».