L’eredità di Biagio Conte, missionario laico al servizio del popolo degli “accolti” a Palermo

Facebooktwitterlinkedinmail

Fratello degli ultimi e missionario laico, Biagio Conte, si è spento a 59 anni a Palermo presso la “Missione Speranza e Carità”. Le sue ultime parole sono appelli alla pace universale e all’amore per i membri della comunità riunita dal suo esempio, ma soprattutto per gli “accolti”, tutti coloro – un piccolo popolo di senzatetto ed emarginati di tutte le razze – che dal 1993 hanno bussato alla sua porta. Fratel Biagio, con i suoi occhi azzurri, profondi e vivissimi, ha sempre aperto le braccia agli ultimi considerandosi uno di loro. Ripeteva «il Signore fino ad oggi ci ha soccorso» e vicino alla forza della sua fede era possibile trovare aiuto e speranza. Prima di fondare la Missione, Biagio ha vissuto un lungo e tormentato cammino di conversione che, dalla condizione benestante della sua famiglia di origine, lo ha spinto prima al romitaggio nelle montagne dell’entroterra palermitano e poi ad andare pellegrino fino ad Assisi.

Aveva scelto la povertà come linguaggio per parlare con Dio e scoprire che san Francesco era il suo modello di vita. In quei mesi si era allontanato da tutti, compresa la sua famiglia che lo aveva ritrovato grazie agli appelli dalla trasmissione “Chi l’ha visto?”. Tornato a Palermo con l’idea di partire missionario per l’Africa, ha scoperto le mille povertà della sua città, a partire dai senzatetto della Stazione Centrale a cui presta aiuto e per cui fa un digiuno di protesta, fino ad ottenere i locali di via Archirafi per poterli accogliere. Da allora presso la sua missione sono passate migliaia di persone in difficoltà e oggi sono duecento gli “amici” che qui trovano l’aiuto dei fratelli e delle sorelle che hanno condiviso il cammino di Biagio, anche presso le sedi della “Cittadella del Povero e della Speranza” (una caserma dell’aeronautica dismessa in via Decollati, aperta nel 2002) e nella comunità femminile presso l’ex convento di santa Caterina (in funzione dal 1998).

La storia di Biagio è un vero e proprio manifesto d’amore per ‘sorella povertà’ che non si può capire fino in fondo se non lo si legge con l’umiltà e la coerenza della fede, come ben racconta il film a lui dedicato nel 2016 dal regista Pasquale Scimeca. Ma dallo schermo alla quotidianità, la sua realtà vista dai vicoli di Palermo è sempre stata molto più appassionante, come testimoniano gli oltre 400 volontari sparsi in tutta la città che collaboravano con la sua missione. A turno vanno con un camper nelle strade del quartiere Brancaccio per incontrare senzatetto, tossicodipendenti, prostitute, vittime di violenza e maltrattamenti domestici, per dare cibo e assistenza. Un grande lavoro sempre sul filo dell’emergenza, come per i soldi che mancano per pagare le utenze di luce, acqua e gas, o per le scorte di cibo in magazzino sufficienti per un paio di giorni appena. Ma la fiducia nella provvidenza è sempre stata fino alla fine, l’incrollabile certezza di Biagio che in particolari momenti dell’anno, finchè la salute glielo ha permesso, partiva con la croce sulle spalle per una missione “in cammino” tra i paesini dell’entroterra. Non portava mai con sè il cellulare, ma la gente sapeva sempre da dove era passato e dove stava andando, anche perché non mancava mai chi si accodava, anche solo per un tratto di strada, per pregare con lui. L’eredità dell’amore per i poveri che per oltre 30 anni fratel Biagio ha testimoniato a Palermo è ora nelle mani di chi l’ha conosciuto, amato e seguito sul cammino della carità incarnata.