La miseria è inaccettabile: manifesto per “chiudere la forbice” delle diseguaglianze

Marco Tarquinio ha moderato il dibattito finale della Campagna Cei che per 5 anni ha visto impegnate le realtà cristiane.

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La miseria è una forma di «povertà inaccettabile», frutto di ingiustizie globali, conflitti dimenticati, scelte economiche sbagliate e caos.

Ma soprattutto è «figlia delle diseguaglianze» e per combatterla occorre «un processo di conversione» concreto, non violento e profondamente politico.

Questa, per usare le parole di Marco Tarquinio, la sintesi del dibattito di stamani sull’ “avvenire della Casa comune”, presso la sede dell’Azione Cattolica a Roma.

L’incontro conclude la Campagna Cei “Chiudiamo la Forbice“, ripensando un nuovo paradigma sociale alla luce della Laudato si’.

Per cinque anni, una ventina di realtà cristiane, tra le quali Caritas, Missio e Focsiv, si sono periodicamente incontrate per sviscerare le cause all’origine delle disparità di reddito e di opportunità nel mondo, ed iniziare a chiudere il gap tra ricchi e poveri.

Il direttore del quotidiano Avvenire, Tarquinio, ha moderato i due panel di relatori, tra i quali don Giuseppe Pizzoli, direttore di Missio, Giovanni Ramonda, responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII e don Marco Pagniello, direttore di Caritas Italiana.

Dobbiamo scegliere la povertà come beatitudine – ha detto anche Ernesto Olivero, Fondatore del Sermig – ma nel contempo far in modo che la ricchezza aiuti la miseria ad essere eliminata».

Ma anche avere il coraggio di chiederci: «le armi a che cosa servono? A cosa sono servite? hanno solo riempito il mondo di odio!».

Don Giuseppe Pizzoli ha introdotto il punto di vista missionario sulle diseguaglianze:

«con lo sguardo dei missionari – ha detto – “l’avvenire cella Casa comune” è piuttosto triste e grigio. I nostri missionari vivono a fianco della gente più povera e quotidianamente subiscono una forma di boicottaggio del loro lavoro e delle informazioni che ci inviano».

Per quale regione?

«Perchè, proprio come diceva l’arcivescovo brasiliano dom Hélder Camara: “se aiutiamo i poveri siamo degli eroi, ma se ci chiediamo perchè esiste la povertà, ci dicono che siamo dei comunisti”».

E allora – ha proseguito don Giuseppe – in questo senso,

«il mondo dei missionari è comunista, perchè oltre a stare vicino ai poveri si fa anche delle domande!».

 «I missionari si domandano: perchè i Paesi ricchissimi di materie prime di cui  abbiamo così bisogno sono anche i più poveri? Pensiamo al Nord Kivu ma anche al Nord del Mozambico».

Ramonda ha parlato della «follia della guerra», della necessità di esprimersi a più voci, di sobrietà.

«Il noi è sempre più importante delle singole realtà associative», ha detto, mentre il presidente dell’Azione Cattolica, Giuseppe Notarstefano ha parlato di «forza delle relazioni comunitarie» e di «conversione».

Le parole risuonate maggiormente e che entreranno di certo a far parte del manifesto finale della Campagna, sono: «movimento dal basso», «comunità», «conversione dei cuori e dell’economia».

«Abbiamo tutti bisogno di aiutare la politica ad essere più capace di dialogo – ha detto Ivana Borsotto di Focsiv – Non possiamo non fidarci delle istituzioni e della politica».

Nel contempo però, il movimento del cambiamento globale, deve arrivare dalla base, dal basso e dai territori.