Il tempo è più lento e senza lancette, si vive con gioia l’essenziale, preparando un Avvento ricco di fede e significato.
Nonostante la povertà che avanza (o che non arretra), nello Zambia incalzato dalle richieste del Fondo Monetario Internazionale, il Natale resta «un’esperienza di fede unica e davvero autentica».
Ce ne parla da Lusaka il comboniano padre Antonio Guarino, ricordando con noi il suo primo Natale zambiano, nel lontano 1994.
Non c’è consumo e non c’è spreco, dice, esiste invece il valore puro della condivisione.
«Il Natale non ha la durata di una sola notte – racconta padre Antonio – ma inizia il primo giorno di Avvento, con la preparazione dei cori per la messa e prosegue per tutto il periodo con la rappresentazione della natività. Tutto è gioia, nonostante la vita precaria».
La sua prima missione in Zambia «è stata un’esperienza che ancora mi commuove – dice – un grande insegnamento: la gente percorreva anche 40 km a piedi per arrivare nel villaggio dove ero, nella savana, e dove si sarebbe celebrata la messa – ricorda – Arrivavano sei, sette giorni prima del 24 dicembre, erano ospiti della comunità, si mangiava tutti assieme e la sera si passavano ore a parlare, ed io con loro».
In quella sua esperienza missionaria padre Antonio imparò a mettere da parte l’orologio e a dedicarsi senza vincoli di tempo all’ascolto delle vite degli altri:
«volevano che rimanessi con loro sveglio fino alla mezzanotte, ci mettevamo attorno al fuoco.
Si condividevano le esperienze, e quando parlava un anziano, tutti ascoltavano in silenzio».
«Voi avete l’orologio, mi dicevano, ma noi possediamo il tempo».
Anche oggi a Lusaka, dove padre Antonio vive oramai da anni, si testimonia una fede essenziale:
«Non ci si sofferma sull’addobbo, sul consumo, che naturalmente non esiste, nonostante a Lusaka ci siano dei grandi shopping mall per ricchi – dice il missionario – ma si mette in comune quello che si ha e ci si scambiano doni piccoli, quasi sempre legati al cibo».
Lo Zambia è un Paese contraddittorio e sempre più paradossale, dove convivono in parallelo, senza mai neanche incontrarsi, due Paesi e due economie.
«Viaggiamo su due binari – spiega il missionario- i centri commerciali sono pieni di roba e di lucine ma nessuno compra. Chi può permettersi di spendere tanto è appena un 10% della popolazione».
Lo Zambia presenta uno dei più alti tassi di disuguaglianza al mondo: circa il 58% dei 18 milioni di zambiani vive sotto la soglia di povertà, rispetto al 41% della media dei Paesi dell’Africa Subsahariana.
«Qui il potere è potere – ci dice padre Antonio – e i poveri restano poveri».
Le miniere di rame del Paese, scoperte negli anni Trenta del secolo scorso, restano la risorsa economica più rilevante, nonostante ormai siano state quasi del tutto sfruttate.
Il Paese possiede miniere di oro e giacimenti di gas, 19 parchi naturali protetti di straordinaria bellezza, ma è caduto in default nel 2020 ed è tecnicamente “fallito”.
Il Fondo Monetario Internazionale ha approvato un prestito triennale di 1,3 miliardi di dollari che va di continuo rinegoziato e pertanto la spesa pubblica è ferma.
«Potremmo essere ricchi, anche grazie all’agricoltura se si investisse di più, ma invece siamo poveri.
E solo di tanto in tanto arriva una boccata di ossigeno grazie ai prestiti del FMI che però poi vanno restituiti…», dice il missionario.