Le elezioni del primo novembre scorso in Israele hanno sancito la vittoria di un’ultra destra conservatrice che andrà ad esacerbare le posizioni già molto discutibili del Likud di Netanyahu.
E che nei prossimi anni darà senza dubbio filo da torcere ai palestinesi della Cisgiordania e agli arabo-israeliani.
Il sito del Middle East Institute (Mei) fa fosche previsioni sul futuro di Israele e Palestina, così come la maggior parte della stampa internazionale compreso il Washington Post che titola: ‘Netanyahu aveva bisogno dell’estrema destra per vincere. Adesso però deve gestirla’.
ll partito di Bibi ha infatti guadagnato 33 seggi, mentre ai conservatori di estrema destra di ‘Sionismo religioso’ sono andati 14 seggi, e gli ultraortodossi di ‘Shas’ ne hanno guadagnati ben 12.
Le prossime ore saranno preziose per la formazione di un nuovo governo affidato a Netanyahu che ha 28 giorni per metterlo a punto.
Israele si avvia ad essere un Paese sempre più difficile e militarizzato, anche data la sempre più incerta risoluzione del conflitto con i palestinesi, nonostante le rassicurazioni di Bibi.
«Faremo di tutto per avere un esecutivo stabile, di successo, responsabile e scrupoloso che lavori per tutti i residenti dello Stato di Israele, senza eccezioni», ha detto il premier.
«Netanyahu deve minimizzare l’impatto della destra estrema sulle sue politiche e mantenere una relazione efficace con Joe Biden, suo amico da molti anni», commenta col Washington Post Eran Lerman, vice consigliere alla sicurezza nazionale sotto Netanyahu, dal 2015 al 2019.
Diversi analisti scommettono che Benjamin Netanyahu rimarrà ostaggio della sua stessa coalizione, necessaria per sfondare ai seggi ma difficile da tenere sotto controllo.
«I veri vincitori alle urne non sono nè il Likud nè il suo capo, il primo ministro più longevo di Israele – scrive Daniel Kasbari per Middle East Institute – Ma piuttosto i partner della coalizione, membri di ‘Sionismo Religioso’, Bezalel Smotrich e Itamar Ben-Gvir, apertamente chiamati ad una lotta armata contro i palestinesi».
Secondo Ben-Gvir per esempio, «gli israelo-palestinesi dovrebbero essere sottoposti ad un ‘test di lealtà’ nei confronti di Israele e se trovati ‘sleali’ esiliati dalla loro stessa terra d’origine», come rivela l’analisi di Middle East Institute.
Eppure l’Alleanza sionista ha ottenuto un sostegno senza precedenti da parte dell’elettorato israeliano. Tra le cause di questa (prevedibile) vittoria dell’ala estrema c’è l’altrettanto scontata divisione a ‘sinistra’.
Elliott Abrahams su Council on Foreign Relations scrive che «la destra guidata dall’ex primo ministro avrà 64 seggi alla Knesset mentre la sinistra 56, in gran parte perchè la coalizione di destra è ben guidata e unita mentre i partiti di sinistra e quelli arabi sono divisi e le divisioni interne li hanno sconfitti».