Nel 2020 oltre ottomila minori, alcuni anche piccolissimi, sono stati arruolati ed utilizzati nelle guerre.
Lo afferma il Segretario Generale dell’ONU in un rapporto dedicato alla situazione dell’infanzia nei conflitti. I Paesi interessati sono molti: Afghanistan, Colombia, Repubblica Democratica del Congo, Repubblica Centrafricana, Iraq, Mali, Nigeria, Sudan, Sudan del Sud, Somalia, Siria, Yemen, Myanmar, Nigeria e coinvolge decine fra gruppi guerriglieri e forze armate regolari.
È recente la notizia da parte di un rapporto al Consiglio di Sicurezza dell’Onu circa quasi 2.000 bambini tra i 10 e i 17 anni, reclutati dai ribelli Houthi, morti combattendo tra gennaio 2020 e maggio 2021.
Va sottolineato che in Somalia, Esercito e Polizia, pur utilizzando i minori, usufruiscono del supporto dei militari italiani.
Nel 2019 la Polizia somala ha reclutato 100 minori e l’esercito 74. Eppure l’Italia tace. Un governo che viola i diritti umani non dovrebbe godere di aiuti militari italiani «concessi senza alcuna condizione».
Come si legge nel dossier Iriad appena pubblicato. (In fondo al pezzo il link).
Le guerre combattute da decenni in molte parti del mondo richiedono sempre nuovi soldati, così tanti minori vengono rapiti da scuole e villaggi e trasformati in combattenti.
I ragazzini sono utilizzati anche come messaggeri, spie e le ragazzine sono reclutate per fini sessuali, per matrimoni forzati o per compiere attentati suicidi.
I minori sono sottoposti a violenze di ogni tipo, per piegarne la volontà: peraltro, i bambini possono essere facilmente indottrinati e trasformati in spietati assassini, dato anche che per sparare con un mitra non ci vuole la forza fisica di un adulto.
L’Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo di Roma, che ha svolto numerosi studi sull’argomento, vuole attirare l’attenzione su questo drammatico problema, in occasione del 12 febbraio, giornata che l’Onu ha dedicato alla sensibilizzazione dell’opinione pubblica contro l’uso dei minori nei conflitti.
Appare urgente che i responsabili di questi crimini, considerati tali dal diritto internazionale, ne rispondano in tribunale e che la comunità internazionale agisca con decisione nei confronti dei paesi che li utilizzano.
I Paesi democratici devono coerentemente non solo sostenere le azioni di recupero sociale dei baby soldiers ma anche attuare politiche di pace e porre fine alle vendite di armi a quelli in guerra o retti da regimi liberticidi, nel rispetto delle leggi nazionali ed internazionali vigenti (Arms Trade Treaty).
Clicca qui per il dossier: Minori e conflitti armati. Quanto è ancora diffuso nel mondo l’utilizzo dei bambini soldato?, in “IRIAD Review”, Gennaio 2020
(*L’autore è Vice-presidente dell’Archivio disarmo, Iriad)