Don Max da Kiev: vita sotto le bombe, sperando che non entri l’esercito

Storia dalla trincea, dentro la comunità salesiana tra preghiera e azione.

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Vivere a Kiev sotto le bombe russe è ogni giorno una scommessa; chi è rimasto, chi non è voluto partire (e sono circa due milioni di persone), lo ha fatto per una scelta consapevole.

«Difendere la propria città ed essere in qualche modo utile a tutti gli altri», in un momento tragico della storia.

L’intera Kiev è a rischio bombardamenti, «non c’è un solo quartiere della città che sia più sicuro di un altro».

A raccontarcelo, al telefono della città ucraina nel mirino dell’aviazione russa dal 24 febbraio scorso, è il salesiano don Max Ryabukha.

In queste ore nella casa di Don Bosco prosegue incessantemente un’attività di soccorso, preghiera e denuncia.

«Nelle stazione centrale di Kiev ancora si ritrovano sfollati e treni in partenza per altre destinazioni, ma il grande flusso di persone in fuga è diminuito. Adesso chi è in città è qui per rimanere, per essere utile al Paese», spiega.

Don Max dice che il da farsi a Kiev è tantissimo, ma le possibilità di spostarsi sono molto limitate e questo crea chiaramente frustrazione, soprattutto ai missionari.

«Ero abituato a fare tanto e a muovermi tutto il giorno, mi sento come se fossi fermo: quello che nella vita ordinaria facevo in un’ora e mezza ora impiego un’intera giornata per portarlo a termine. Ci sono ostacoli di ogni tipo. Stiamo bene per quanto si possa stare bene in guerra», dice.

Il punto fermo da oltre cento giorni, sia per i salesiani che per coloro che ruotano attorno all’Oratorio di don Bosco, resta l’appuntamento serale con la preghiera via Zoom.

«Nella nostra comunità salesiana alle otto di sera facciamo la preghiera per la pace con diverse famiglie, sono già 100 giorni che prosegue.

Alle 9 andiamo avanti: abbiamo superato già i 350 giorni di preghiera per la pace con i giovani dell’oratorio».

Immagine dal monastero salesiano di Leopoli.

Poi don Max entra nei dettagli di una vita quotidiana surreale: una parte di questa vita è fatta dalla costante osservazione delle mappe su google per seguire l’avanzata dei russi e sperare che non entrino con i carri armati in città.

 «L’esercito fa fatica ad entrare, anche se si trova solo a pochi chilometri da Kiev – spiega il salesiano – Il quartiere governativo è nella città antica, sulla sponda destra del fiume, sulle colline, e i russi vorrebbero colpire lì, quello è il principale obiettivo militare, pensiamo».

Poi aggiunge: «C’è un problema per loro però: Kiev è divisa a metà da un grande fiume, il Dniepr.

E non esiste un modo per fare il giro della città senza passare attraverso il fiume. L’esercito fa fatica ad entrare e a chiudere la città, a nord e a nord-ovest, perchè i ponti sono saltati».

E questo rallenterebbe l’avanzata dei soldati sul campo.

Il rischio bombardamenti è costante però sull’intera Kiev e sulle principali città del Paese, sia ad est che ad ovest.

Sotto attacco sono Dnipro, Lutsk, Mariupol, Kharkiv. Anche l’aeroporto di Ivano – Frankivsk ad Ovest è stato colpito qualche giorno fa.

«In qualsiasi altra guerra non si è mai visto quello che vediamo qui: il bombardano dei luoghi sacri, ad esempio. Persino quelli che rientrano nel patriarcato russo.

Ci sono tre lavree, ossia monasteri principali in Ucraina. E appartengono al patriarcato di Mosca, ad Ovest, nell’Ucraina centrale (le Grotte di Kiev) e ad est nel Donbass». 

Da alcune fonti risulterebbe colpito anche l’Holy Dormition Sviatohirsk nella regione di Donetsk

«Bombardano tantissimo dagli aerei, sotto attacco c’è tutto il nord della regione di Kiev, e inoltre sono arrivati dal Mar Nero sulla regione di Leopoli, a 25 km dal confine con la Polonia», conferma il missionario.

«Le domande che si fa la gente prima di decidere se scappare o restare a Kiev, sono due: dove andare e perchè andare», spiega.

«Le persone non sono merce e umanamente questa è una grande domanda. Si tratta di casa loro, e nessuno la difende se non loro per primi. Sono persone che hanno una forte sensibilità di appartenenza civile al Paese», racconta il salesiano.

«Quando mi chiedono perchè l’Ucraina si oppone in questo modo alla Russia, io rispondo che abbiamo già fatto l’esperienza della schiavitù, sappiamo che cosa ci propongono».

E ancora: «coloro che hanno toccato con mano l’Unione Sovietica hanno la paura che scorre nel sangue. E non hanno nessuna intenzione di perdere nuovamente la libertà.

Putin sperava di prendersi il Paese senza alcuna difficoltà ma ha sottovalutato la forza di opposizione di un popolo».

Don Max dice che l’attacco russo del 24 febbraio scorso «non è stato una sorpresa assoluta, la voce dell’inizio della guerra era già partita da settimane. Ma non potevamo neanche immaginare che sarebbe stato così devastante».

Infine il salesiano ci saluta con una immagine: «Io credo che Putin sia come dentro una bolla: ha perso il contatto con la realtà e sa che non ha nulla da perdere, perchè ha già perso per questo è ancora più pericoloso.

Mi viene in mente la “sindrome delle stelle”:

coloro che raggiunto un successo senza limiti non tornano più sulla terra. Solo che nel caso di Putin questa malattia è diabolica».