Pur rappresentando appena l’8% della popolazione mondiale, l’America Latina conta un terzo dei morti di Covid, deceduti globalmente nel 2021 in tutto il mondo.
Ma a ferire il continente latinoamericano non è solo la pandemia: l’alto indebitamento (diventato un vero e proprio default in Argentina, Belize, Ecuador e Suriname) pone un’ipoteca sul futuro di intere popolazioni.
Il debito sarà la mannaia dei prossimi anni e lascerà a lungo il segno anche in Africa sub-Sahariana, dove 40 milioni di persone potrebbero presto precipitare in uno stato di indigenza o povertà assoluta.
Paesi come lo Zambia erano in default già ben prima del Covid, ma altri come Etiopia e Ciad sono a rischio, e cercano di rinegoziare, come spiega Bloomberg, le loro tranche di restituzione del debito.
Dubbi in proposito erano già stati espressi dai nostri missionari in occasione del vertice economico Europa-Africa a Parigi, lo scorso 18 maggio, dove il Fmi aveva stanziato altri fondi.
“Non scordiamoci che si tratta di prestiti – faceva notare dallo Zambia padre Antonio Guarino, missionario comboniano – e non di donazioni. Il testo dell’accordo parla di pledge, impegno, verso il Fmi. Anzi puntualizza che ci sono dei ‘lacci’, delle condizionalità per ottenere i fondi, e un obbligo di restituzione, sebbene agevolato”.
Il Fondo Monetario Internazionale ha approvato finanziamenti d’emergenza per oltre 80 nazioni (fondi che comunque vanno restituiti sebbene a tassi agevolati) e sta inoltre predisponendo una ‘iniezione’ record di 650 miliardi di dollari per ‘pompare’ liquidità a livello globale e, teoricamente, aiutare così i Paesi a basso reddito ad acquistare vaccini, materiale sanitario e quant’altro.
Si tratterebbe della più grande “allocazione di risorse dalla seconda guerra mondiale ad oggi”, come ha dichiarato il responsabile del Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite.
Ma questa operazione del Fmi è molto criticata poichè contiene un rischio potenziale proprio per i più poveri ed indebitati e sembra agevolare maggiormente i già ricchi.
Come spiega il New York Times, il Piano per far uscire i Paesi poveri dalla pandemia, funziona in base al potere economico di quanti contribuiscono ad alimentare il Fmi.
“Gli esperti di sviluppo dicono che creare semplicemente nuove riserve di denaro sarà di scarso beneficio per i Paesi poveri, a meno che le nazioni più ricche spontaneamente non trasferiscano parte delle loro risorse a quelli in difficoltà”, scrive il New York Times.
E’ questo meccanismo che ancora non è stato messo a punto e che dovrebbe essere sviluppato dal Fmi.
La strategia finanziaria è ancora tutta da definire, e quelle del Fmi sono ancora solo proposte ma il rischio che i più poveri restino marginali e siano sopraffatti da chi detiene il potere decisionale ed economico all’interno del FMI, resta.
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