«Considero la Chiesa essenzialmente in uscita e missionaria, la necessità della missione vibra in me da sempre: grazie a padre Leon ho capito cosa Dio volesse da me ».
A dirlo è Dieudonné Nzapalainga, cardinale e arcivescovo di Bangui, in Centrafrica.
Il cardinale ha presentato ieri a Roma, presso la Comunità di Sant’Egidio, il libro scritto con la giornalista Laurence Desjoyaux: “la mia lotta per la pace, a mani nude contro la guerra in Centrafrica”, Libreria Editrice Vaticana.
Un racconto acuto ed appassionato degli anni più bui del conflitto armato tra Seleka e Anti-balaka, durante i quali solo il metodo del dialogo ha avuto successo.
«Anche se tutti dicono che in Centrafrica ogni cosa è perduta io non lo penso – ha spiegato Nzapalainga – è possibile ripartire e ricostruire.
Possiamo fare dei nostri problemi un trampolino di lancio per andare avanti».
Con lui a presentare il volume, Mario Giro, politologo, ex Sottosegretario agli Esteri, Bruno Joubert, diplomatico della Santa Sede e Raffaella Scuderi, giornalista di Repubblica.
«La vicenda centrafricana è un esempio di come si possa resistere senza piangersi addosso e senza accusare gli altri – ha detto Giro – Le uniche autorità che rimangono nel Paese sono quelle ecclesiastiche».
Il cardinal Nzapalainga ha ribadito che «in questo momento di oscurità i cristiani hanno bisogno di essere delle sentinelle. Ciò vuol dire trovare un nuovo sviluppo e una nuova pace».
Negli anni più duri della guerra civile, iniziata il 24 marzo 2013, il cardinale, il pastore protestante e l’imam, insieme, hanno scelto la via del dialogo con le fazioni armate.
Nel caos della ribellione e delle armi, dice oggi Nzapalainga, «ci preoccupava solo difendere la vita della gente».
Mario Giro ha evidenziato come «l’importante lavoro svolto dai tre leader religiosi è stato la smentita che si trattasse di una guerra di religione».
«E’ facile cadere nella narrazione dello scontro di civiltà – ha spiegato Giro – La manipolazione era imminente ma i leader religiosi hanno predicato l’unità». E sono riusciti nell’intento.
I poveri, i bisognosi, sono più che un un dono per l’arcivescovo di Bangui, lui stesso proveniente da una famiglia molto povera, con dieci figli, come ha raccontato.
La storia dei ribelli e della guerra in Centrafrica è una storia di lotta per il potere ma anche di grande povertà.
«Mi considero una persona che accoglie la richiesta dei poveri, ma noi non siamo pronti a sentirne l’odore. Eppure è Cristo stesso presente in loro».
Oggi il Centrafrica ancora soffre gli effetti devastanti di una lotta di potere tra le oltre 13 milizie armate, formate dai ribelli che non hanno voluto deporre le armi.
Ma il “metodo Nzapalainga“, centrato sull’umanizzazione del nemico e sull’ascolto, prosegue tutt’ora.