«L’emergenza in Pakistan non finisce qui, con la fine delle alluvioni: ci saranno conseguenze di lungo termine, il Paese è devastato.
Anzitutto sono andati persi i raccolti e poi le case e le proprietà distrutte; ci sono almeno tre milioni di sfollati in tutto il Paese».
Senza contare i 1500 morti, vittime delle alluvioni che hanno flagellato il Pakistan a partire dal 27 agosto scorso.
A parlarne con Popoli e Missione online, in una intervista nella sede di Missio, è il vescovo della diocesi di Faisalabad, monsignor Indrias Rehmat.
La stagione dei monsoni in Pakistan porta sempre con sè abbondanti piogge, ci spiega il prelato, ma quest’anno, a differenza di tutti quelli del decennio precedente, i cicli di piogge non si sono mai fermati e il Paese ha visto abbattersi su di sè l’ottavo ciclo monsonico.
«La gente affronta tuttora difficoltà economiche di grande portata – conferma il vescovo – La nostra diocesi è nel centro della città e abbiamo organizzato diverse raccolte di beni; ci sono stati molti gesti di solidarietà da parte della comunità tutta: ma questo ancora non basta».
Così come non bastano gli aiuti per l’emergenza, portati avanti fin da subito dalla Comunità internazionale.
«Questa emergenza è per noi l’ennesima scommessa: come Chiesa aiutiamo sempre chi ha bisogno (nonostante i cristiani rappresentino il 2% del totale) 0ma il problema è che gli stessi sacerdoti sono poveri», ci spiega monsignor Rehmat.
La fede aiuta il popolo pakistano: «la gente è povera ma molto solida nella fede. Le politiche governative invece non sono solide nè stabili», dice.
All’origine di questo particolare “accanimento” ci sono i fenomeni legati al cambiamento climatico: lo ha confermato anche un report pubblicato ieri dalla World Weather Attribution initiative.
Le forti alluvioni non sono una novità in Pakistan, ma quelle delle ultime settimane sono state decisamente uniche, dice il report e la motivazione è da attribuire a cause e fenomeni che saranno sempre più frequenti se non si abbasseranno le temperature globali.
Anche la Caritas ha risposto all’emergenza, conferma il vescovo, ma purtroppo questo aiuto «non è abbastanza: perchè la nostra tragedia è più grande di quanto si immagini: gli agricoltori sono stati colpiti in modo permanente».